Freedom
Bronzo - 36x54x30 (cm)
L’opera della scultrice Mariela Garibay, oltre alla maestria con cui l’autore cesella ogni contorno dei corpi tondeggianti e, in un certo modo, voluttuosi, (come tutto ciò che è generoso nella forma e si fa sentire — si dovrebbe sempre poter toccare la scultura! —) evoca sempre due sensazioni inconfondibili: la libertà e la ricerca dell’assoluto.Non c’è dubbio che le sue statue di bronzo siano esseri incredibilmente ingenui e amorevoli. Ma la loro non è una sciocca ingenuità che deriva dall’essere inesperti nella vita, ma un’ingenuità che rappresenta il contrario: una sorta di antica ingenuità che viene con la libertà e da essa si nutre. Come gli ingenui cittadini dell’Impero Romano, quelli che, a differenza dei liberti (che dovettero battersi per questo), nacquero liberi. Quel senso di totale libertà dalla nascita, quella consapevolezza di essere libera, è ciò che i bronzi di Mariela Garibay mi ispirano sempre.Liberi di giocare, di sdraiarsi, di abbracciarsi, di andare in scooter, liberi di alzare le mani guardando il cielo… Liberi di indossare qualsiasi colore di patina senza smettere di essere se stessi, proprio come chi ignora il dress code a una festa perché preferirebbero vestirsi come se stesse piuttosto che indossare un travestimento imposto; liberi di non lasciarsi tiranneggiare dalle norme attuali della corporeità stilizzata, vivendo al di fuori dei canoni estetici temporanei o classici; liberi di essere quello che sono senza cercare di trasgredire nulla. Quella libertà di essere semplicemente, quell’ingenuità primordiale di epoca romana, è il primo sentimento che le sculture dell’autore mi ispirano sempre.La seconda sensazione che mi trasmettono le sue sculture è la ricerca dell’assoluto. Non solo nella ricerca della perfezione tecnica, nella finitura rotonda (gioco di parole) del risultato finale (esiste una forma che rappresenti l’assolutezza più di un cerchio?). No… è un sentimento più profondo, più oscuro, che va ricercato non solo nell’aspetto esteriore di questi corpi voluminosi e liberi, semplici ma anche dentro di essi, come se si volesse scrutarci dentro, ascoltare i loro pensieri , come se volessimo svelare la loro anima. Le figure (a volte molto grandi) con le braccia tese che guardano in alto verso il cielo sono quelle che mi spiccano davvero. Cosa stanno cercando? Cosa vogliono? Sono liberi e come tali si sentono, ma è come se sapessero che, in fin dei conti, non basta. C’è un’esclamazione, un’interpellanza in queste figure, anche se hanno totale libertà. Sono ingenui perché liberi ma non estranei e, in fondo, sanno che la libertà di una persona non basta se non è condivisa anche dagli altri. Caterina da Siena, una donna libera, soleva chiedersi: “A che serve salvarmi se nessun altro si salva?” La visione di questi bronzi, grandi e liberi, che alzano le mani e guardano in alto, verso il cielo, verso l’universo, è come una versione moderna della ricerca interiore di quel santo medievale italiano, ed è come se anche loro si chiedessero: ‘A che serve essere liberi se nessun altro lo è?’E così, dietro il lavoro visivo, tattile e ingenuo di Mariela Garibay, raccolgo sempre un’onesta ricerca di libertà che va oltre la mera libertà personale alla ricerca della libertà collettiva, nonché una profonda ansia esistenziale e umanistica. Guillermo Sabatés